SCALEA La presenza umana sul territorio calabrese risale alla preistoria, importanti resti di insediamenti umani sono stati portati alla luce nella Grotta del Romito a Papasidero e nella Grotta della Madonna a Praia a Mare, ma ancora più antichi sono quelli relativi alle grotte marine di Torre Talao, lo scoglio su cui oggi si erge la torre un tempo era un isolotto. Nel VIII secolo a.C. i Greci crearono numerose colonie nell'Italia meridionale; sul versante ionico della Calabria, nella valle del Crati, fondarono Sibari. Volendo ampliare i traffici commerciali, i Sibariti, attraverso la valle del fiume Lao, raggiunsero il mar Tirreno e, nei pressi della foce del fiume, fondarono la subcolonia Laos, che divenne in breve tempo uno dei maggiori porti commerciali del Mediterraneo, da qui partivano navi cariche di ceramiche, tessuti e prodotti calabresi.
All'inizio del IV secolo a.C. Laos fu conquistata dai Lucani, popolo guerriero proveniente da nord-est, che vi rimasero fino al II secolo a.C. quando ebbe inizio il dominio romano; questo periodo di occupazione lucana è confermato dai ritrovamenti archeologici a Marcellina, nel Parco Archeologico del Laos, dove sono ancora visibili i resti delle mure di cinta, delle case e della necropoli.
I Romani per motivi strategici e commerciali costruirono un porto intorno all'isolotto di Torre Talao, nei cui pressi si trasferirono gli abitanti di Laos, sempre meno vivibile a causa delle continue alluvioni e della diffusione della malaria; nacque così la città di Lavinium. Iniziarono in questo periodo le invasioni barbariche, anche Lavinium non fu risparmiata, i superstiti si trasferirono sulle alture rocciose di fronte all'isolotto.
Alla caduta dell'Impero Romano, nel V secolo, seguì la dominazione bizantina contrastata dai Longobardi, i nuovi barbari del nord Europa, che nel VI secolo occuparono gran parte della penisola. Conquistarono anche Scalea dove edificarono una rocca fortificata intorno alla quale nacquero le prime case, addossate l'una all'altra, protette da alte mura e con due sole porte di accesso: una militare in prossimità della rocca ed una cittadina in prossimità di Largo Cimalonga.
Nel IX secolo i Bizantini si riappropriarono dei territori occupati dai Longobardi, iniziò un periodo di profondo rinnovamento culturale ed artistico, si diffuse un forte sentimento religioso grazie all'arrivo dalla Sicilia dei monaci basiliani. A Scalea i monaci siracusani edificarono il monastero di San Nicola, del quale oggi restano i ruderi della “chiesetta dello Spedale"; molto probabilmente fu proprio intorno a questo monastero che si sviluppò il borgo di Scalea. Ai monaci taorminesi si deve invece il monastero di Santa Lucia, di cui abbiamo solo ricordi fotografici, e il culto per la martire siracusana che il 13 dicembre veniva celebrata anche con una festa popolare, "'U pannu", a cui partecipavano marinai e contadini che si sfidavano in una serie di gare a premi come il palo della cuccagna, la corsa nei sacchi, la gara dei fusilli, la corsa dei ciucci e altri ormai sconosciuti alle nuove generazioni.
Nel XI secolo ai Bizantini subentrarono i Normanni, discendenti dei vichinghi, i quali, sotto la guida degli Altavilla, unirono la Sicilia e parte dell'Italia meridionale al Regno di Sicilia. Fu Ruggero, uno degli ultimi Altavilla a giungere in Italia, a far costruire il castello a Scalea sulle rovine della rocca longobarda, rinforzando le mura ed aprendo altri due varchi d'accesso: una porta alla marina, ai piedi del borgo, e l'altra nei pressi del Palazzo dei Principi. Il nuovo sistema feudatario favorì una prosperità economica che incrementò il commercio e l'agricoltura e ristabilì l'ordine e la sicurezza invogliando parte della popolazione a trasferirsi nuovamente verso il mare.
Alla fine del XII secolo i territori normanni passarono sotto il controllo degli Svevi; periodo segnato da pochi cambiamenti sul piano economico ma dalla nascita di un nuovo movimento di spiritualità cristiana: anche a Scalea giunsero i frati Francescani. Il convento francescano, secondo la tradizione, ospitò anche Sant'Antonio da Padova al suo rientro dall'Africa.
La dominazione angioina ebbe inizio nel XIII secolo con Carlo d'Angiò, fratello del re di Francia; a Scalea arrivarono diverse famiglie di mercanti e di nobili, come i Romano che abitarono nell'attuale Palazzo dei Principi dove nacque Ademaro Romano, nominato da Re Roberto d’Angiò ammiraglio della flotta e consigliere regio. Il porto si affermò come uno dei più importanti scali marittimi e commerciali del Tirreno, il convento francescano divenne un importante centro di studi. L'arroganza dei militari francesi, ma soprattutto i pesanti tributi imposti dagli Angioini, alimentò una serie di moti insurrezionali: la Sicilia venne liberata dagli spagnoli guidati da Pietro III d'Aragona che chiamò al suo fianco l'ammiraglio Ruggiero di Lauria, nato nel castello di Scalea e costretto ad abbandonarlo durante la prima invasione angioina. Anche Scalea si ribellò ai soprusi del governo angioino e grazie all'aiuto delle truppe aragonesi, inviate dall'ammiraglio scaleoto, riuscì a scacciare gli Angioini.
La guerra tra Angioini ed Aragonesi per l'egemonia sull'Italia meridionale durò a lungo e si concluse solo all'inizio del XIV secolo firmando un trattato di pace in cui si stabiliva la divisione del territorio conteso: agli Angioini andò l'Italia meridionale e agli Aragonesi la Sicilia. Ma la tregua non durò a lungo. Nel XV secolo l'Italia meridionale era sotto il controllo degli spagnoli; il re Alfonso V d'Aragona decise di limitare la libertà dei baroni: il duca di Scalea, Francesco Sanseverino, venne processato per disobbedienza. Le ribellioni dei baroni furono continue ma non riuscirono a spodestare i sovrani; concluso questo turbolento periodo si ebbe la ripresa economica.
Nonostante i tentativi da parte dei francesi di riconquistare il Regno, dal XVI secolo l'Italia meridionale rimase sotto il controllo degli spagnoli, il feudo di Scalea apparteneva alla famiglia Spinelli. Ripresero le incursioni saracene lungo tutta la costa e per fronteggiarle Carlo V fece costruire un sistema difensivo costiero composto da torri d'avvistamento, a Scalea fu costruita la Torre Talao ed altre torri minori; durante una di queste incursioni perse la vita il principe Francesco Spinelli.
Il XVII secolo fu segnato da un movimento antispagnolo e antinobiliare che animò anche Scalea, la cattiva amministrazione e l'elevata pressione fiscale provocò una grave crisi finanziaria e i privilegi concessi ai baroni esasperarono i ceti popolari; carestie e catastrofi naturali fecero diminuire drasticamente la popolazione. Cresceva la voglia di risollevarsi dal brutto periodo, espressa soprattutto durante il periodo di Carnevale con balli e canti popolari: “U Pizzica' andò" era una danza fatta dai pescatori i quali formavano una piramide umana e a passo di danza facevano il giro del paese cantando. Nei versi era chiaro il messaggio politico: chi era sotto (i poveri) consigliavano a quelli che erano sopra (i ricchi) di non abusare della loro posizione perchè bastava un brusco movimento dalla base (una rivoluzione), per far crollare tutto (organizzazione politica e sociale). A metà del secolo a Scalea nacque Gregorio Caloprese, uno dei nomi più importanti nel mondo letterario e filosofico dell'epoca, maestro tra l'altro di Pietro Metastasio.
Il XVIII secolo vide al governo i Borboni con re Carlo, il quale emanò diversi provvedimenti a favore del commercio e cercò di limitare i privilegi dei feudatari; a Scalea si sviluppò la pesca e l'agricoltura, s'intensificarono i traffici commerciali via mare ed aumentò la popolazione grazie all'arrivo di commercianti campani. Per volontà di un gruppo di marinai di Meta di Sorrento, scampati ad un tempesta lungo il tratto di mare antistante Scalea, fu edificata la Chiesa della Madonna del Lauro, eletta patrona dai marinai di Scalea e festeggiata ogni anno il 7 e l'8 Settembre. La tradizione prevede una suggestiva processione via mare, a simboleggiare l'arrivo della statua da Meta di Sorrento, ed una attraverso le strade cittadine: nel tratto finale la statua della Madonna passa sull'infiorata, un coloratissimo "tappeto stradale" con disegni floreali e immagini sacre realizzati con segatura colorata.
Alla fine del secolo il governo borbonico subì una brevissima interruzione con la nascita a Napoli della Repubblica Partenopea, appoggiata militarmente dai francesi, alla cui veloce caduta contribuirono anche gli scaleoti. Il cardinale Ruffo, emissario dei Borboni, sbarcò in Calabria proveniente dalla Sicilia, incitò le masse contadine ad insorgere in nome del re e della fede cattolica, e risalì lo stivale fino ad entrare vittorioso a Napoli, affiancato tra l'altro da Don Biagio Rinaldi, parroco della Chiesa di Santa Maria d'Episcopio, organizzatore della rivolta a Scalea. All'inizio del XIX secolo l'Europa è segnata dall'egemonia napoleonica, le truppe francesi tornano a Napoli e scacciano di nuovo i Borboni, la corona del regno viene affidata a Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone. A lui si deve l'abolizione del sistema feudale che pose le premesse per l'affermazione della borghesia, anche Scalea divenne comune.
L'egemonia francese durò un decennio, ritornarono sul trono i Borboni con re Ferdinando I, il quale unificò il Regno di Napoli e quello di Sicilia nel Regno delle Due Sicilie, instaurando un regime chiuso ad ogni prospettiva di libertà. Nacquero movimenti insurrezionali antiborbonici in tutto il Regno, a Scalea videro protagonisti l'avvocato Cesare de Bonis, il medico Giuseppe Donato Cupido e suo fratello l'avvocato Francesco. Il 19 giugno 1848 venne proclamata la Repubblica di Scalea che ebbe vita breve a causa della sconfitta di Campotenese dove i patrioti scaleoti furono sopraffatti dalle più esperte truppe borboniche.
Con l'unità d'Italia, nel 1861, Scalea divenne comune della provincia di Cosenza, manifestando una condizione di arretratezza economica che diede inizio ad un lungo periodo di emigrazione, riducendo la popolazione a meno di duemila abitanti; l'economia era legata alla pesca e all'agricoltura. Questo periodo fu anche segnato da grandi epidemie: nel 1885 Scalea elesse la Madonna del Carmine patrona e protettrice della città liberata da una violenta epidemia di colera. I solenni festeggiamenti si svolgono ogni anno il 15 e 16 luglio, ancora oggi il Sindaco la mattina del 16 si reca nella Chiesa di Santa Maria d'Episcopio per offrire un cero votivo ornato di spighe di grano e ramoscelli d'ulivo alla Madonna, i fedeli portano in chiesa le cinte, particolari telai in legno su cui sono inserite delle candele decorate. La statua viene portata in processione attraversando tutto il centro storico, seguita dai fedeli che hanno sul capo le cinte votive e dalla banda musicale, per giungere nelle vie della città nuova; anche per questa ricorrenza alcuni tratti stradali vengono ricoperti con la coloratissima infiorata.
La ripresa economica si ebbe solo intorno al 1920, periodo in cui il paese iniziò ad estendersi a valle con nuove abitazioni costruite grazie agli aiuti economici dei primi emigrati in America. Durante la seconda guerra mondiale Scalea subì i bombardamenti delle truppe anglo-americane, come testimonia il relitto del piroscafo francese Lillois che giace a circa due miglia al largo della costa. La costruzione della ferrovia e della strada statale SS18 segnò la rinascita economica con lo sviluppo del settore turistico che ha reso Scalea una delle località più frequentate della Calabria.